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Scienza

Le Scienze antiche



Nella “Valle dei Leoni” tratteggeremo l’ipotesi di un’origine della cultura umana alquanto diversa da quella più comunemente diffusa, per richiamare l’attenzione sullo speciale valore delle Scienze Introspettive, intese come il lascito culturale di civiltà estremamente progredite. Nelle “Scienze antiche”, invece, desideriamo parlare di argomenti più conosciuti e storicamente comprovati, relativi al progresso umano. Lo scopo è quello di esporre le motivazioni per cui l’Accademia fornisce tanto spazio alle discipline provenienti dall’Oriente. Naturalmente non si tratta di “esotismo”, né di una soggettiva attrazione dei Fondatori di Horus per la cultura orientale, ma piuttosto di un fatto pratico e concreto:le discipline per l’indagine interiore sono apparse in aree geografiche distanti dall’attuale Occidente molto prima che in Europa e le popolazioni che le hanno custodite hanno largamente contribuito alla loro preservazione e trasmissione secolare. Se noi volessimo partire per un viaggio

affascinante e impegnativo, in località sconosciute e impervie, non ci accontenteremmo di una qualsiasi guida con poca esperienza, ma cercheremmo il meglio, allo scopo di procedere in sicurezza e poter godere delle competenze date dalla certa conoscenza di chi ci conduce. Certamente, per quanto concerne la ricerca introspettiva, l’Occidente vanta meno esperienza dell’Oriente. Alcune aree geografiche hanno visto nascere e svilupparsi conoscenze straordinarie e misteriose. Per indicare queste zone, usiamo genericamente il termine di Oriente (comprendendo anche il Medio Oriente e la parte Nord Est dell’Africa). Anche l’Europa orientale e il Nord Europa hanno testimoniato una grande sapienza, come pure l’intero bacino del Mediterraneo (Italia inclusa), ma solo in epoche successive. L’Oriente è stato sicuramente la culla delle Discipline Introspettive e, per chiunque voglia disporre di quanto di meglio esiste in questo campo, le sue tradizioni non possono assolutamente essere ignorate.


L’Accademia, dunque, desiderando offrire il massimo dell’esclusività, in termini di conoscenze tecniche ed esperienza sul campo, non può che presentare un ampio panorama della millenaria tradizione orientale.
Gli aspetti prevalentemente etnici, culturali, religiosi e popolari della sapienza orientale, non rivestono alcun interesse pratico per Horus Academy, se non dal punto di vista intellettuale (per la conoscenza degli usi e costumi delle varie tradizioni apparse sul pianeta).
Deve essere chiaro che il riferimento all’Oriente in qualità di “culla” delle Scienze interiori, non implica l’idea di una superiorità della civiltà orientale in termini sociali e sotto il profilo etico. Parlando delle culture più vicine nei secoli, come ad esempio l’India o la Cina, di cui abbiamo conoscenze certe, dobbiamo considerare che le Scienze interiori non costituivano l’oggetto del pensiero comune e non esercitavano un’influenza complessiva sull’etica e sulla legislazione.
È infatti risaputo che, un tempo, coloro che studiavano queste Discipline e usufruivano dei loro benefici, rappresentavano una minoranza della popolazione complessiva. Possiamo quindi sostenere che le Scienze antiche sono state oggetto di studio e pratica di pochi esperti ricercatori, appartenenti a razze e culture diverse. In alcune regioni del pianeta e presso taluni popoli, l’influenza di tali conoscenze si è maggiormente diffusa nelle società d’appartenenza, mentre in altri casi si è mantenuta circoscritta all’interno di una riservata minoranza.
Si tratta per altro di un fenomeno manifestatosi anche in Occidente, dove – dalle congregazioni pitagoriche in avanti – il riserbo esercitato dalle scuole di conoscenza, ha originato il fiorire di un numero considerevole di società segrete.
Forse, proprio per questa segretezza, le masse occidentali riconoscono poco l’importanza che alcune  Scienze antiche hanno avuto per la fondazione della cultura europea e americana.

Come definire una civiltà?

Il termine “civiltà indica il livello di cultura e di progresso materiale e spirituale raggiunto da un popolo; e la parola “progresso”, rappresenta il punto di avanzamento, di miglioramento e perfezionamento, delle condizioni di vita generali. Sotto questo profilo, potremmo definire più civile una società tecnologicamente meno avanzata, ma estremamente progredita nel suo stato di benessere materiale, spirituale ed etico, rispetto ad una cultura tecnologicamente avanzata, ma conflittuale e violenta.
Stabilire in tal senso quando la civiltà sia nata sul pianeta, al di fuori dei luoghi comuni – anche storici -, non è affatto facile. È pressoché impossibile sapere con certezza se siano esistite società ideali, scomparse senza lasciare tracce.
Possiamo tuttavia prendere la scrittura come primo elemento capace di contraddistinguere lo sviluppo di una civiltà; ma, sulla nascita della scrittura, non esistono dati incontrovertibili e certi. Si presume che sia sorta più o meno contemporaneamente in aree differenti del pianeta, ma la maggior parte degli studiosi concorda nell’accettare che i sumeri e gli egizi siano stati i primi popoli a conoscere la scrittura nei termini in cui noi la consideriamo; ed è opinione diffusa che, gli egiziani, abbiano subito le maggiori influenze dai sumeri e non viceversa.  La prima scrittura può quindi essere attribuita a questo popolo e datata attorno al 4000 a.C. (circa 2500 anni prima dell’ascesa della mitica Babilonia).
Il termine “sumeri” deriva dall’egiziano “Sangar”, che definiva la terra in cui tale popolo viveva, descritta come: “Il luogo dei signori civilizzati”.
Questo luogo era la Mesopotamia, ossia l’odierno Iraq sud-orientale.
La nascita della civiltà umana dunque,  se vogliamo identificarla con lo sviluppo della scrittura, avviene in Africa e nel Medio Oriente. Dobbiamo considerare il fatto che di culture tanto antiche ci è rimasto veramente poco.
Quali conoscenze fossero presenti nell’antica Babilonia, è impossibile a dirsi. Sappiamo solo (dal poema babilonese Enuma Elish – Epica della Creazione), che essi ritenevano che la razza umana derivasse da una “stirpe divina”, giunta sulla terra da un mondo chiamato Nibiru (luogo dell’attraversamento).
Attorno al terzo secolo a.C. – in Alessandria (Egitto) -, fu eretta la più grande biblioteca del mondo antico. Pare che contenesse più di 490.000 rotoli e non bastando più lo spazio, fu in seguito costruita una seconda struttura, nota come la Biblioteca del Serapeo. Sfortunatamente, la biblioteca alessandrina andò distrutta in circostanze misteriose (in un’epoca databile dal 200 al 400).
Riguardo alla scrittura, va detto che attualmente ne esistono ancora di non decifrate (o solo parzialmente decriptate), come l’etrusca, la meroitica, la zapoteca, la rongo rongo, l’olmeca, la epi-olmega e la lineare A (disco di Festo). Le scritture precolombiane, oscure e complesse da decifrare, rendono purtroppo difficile una maggiore comprensione delle origini di molte conoscenze  erano in possesso i popoli dell’odierno Messico centro-meridionale, comprese le loro straordinarie conoscenze astronomiche. Fra quelle più antiche, la scrittura più significativa per la ricostruzione della struttura filosofica e metafisica dei popoli che ne sono stati i depositari, è sicuramente il “sanscrito”, linguaggio nel quale sono stati compilati i più antichi e intatti testi, relativi alle origini dell’uomo e alla Scienze Sacre.
(Suggeriamo la lettura delle due pagine al seguente indirizzo:http://www.sanscrito.it/images/nms1.pdf ).
Gli eruditi Indiani ritengono che i Veda, prima vera e monumentale compilazione filosofica, medica e culturale, scritta in lingua sanscrita, risalgano a più di 5000 – 6000 anni fa. Se tale datazione fosse autentica, allora il sanscrito potrebbe essere contemporaneo o più antico della lingua sumera. Tuttavia, gli studiosi occidentali tendono a localizzare la comparsa dei Veda attorno al 2000  – 1700 a.C. La datazione più comunemente accettata, proviene dalle ricerche che Max Muller ha compiuto nel 1859, secondo le quali un popolo nomade proveniente dal Caucaso invase l’India nel secondo millennio a.C., lasciandovi in eredità i Veda.
Alcuni studiosi ritengono inconsistente la teoria di Muller e sostengono che egli abbia datato l’invasione di questo popolo (definiti Ariani) in una certa epoca, solo per giustificare la cronologia biblica.
Egli tentò anche di spiegare, in modo arbitrario, la guerra descritta nei Veda fra le “potenze della luce” e “le potenze dell’oscurità”, attribuendo tali definizioni alla pelle chiara degli Ariani, in contrapposizione con la pelle scura degli autoctoni indiani. Per quanto non esista nulla di provato, né di evidente, in questa teoria (la sua spiegazione relativa alla guerra fra luce e oscurità, fa sorridere chiunque abbia approfondito le tematiche filosofiche indiane), da più di un secolo è rimasta alla base dell’educazione scolastica occidentale.
I Veda sono una raccolta di testi che trattano argomenti diversi. Il Rgveda è il più antico, seguito dal Samaveda, dal Vajurveda e dal Atharvaveda. I Vedangas e gli Upa-Vedas, sono stati compilati posteriormente, come l’epopea del Mahabharata, del Ramayana, le Upanishads e i Puranas.
Riguardo alla diatriba sull’antichità dei Veda, possiamo tranquillamente affermare che se per alcuni la teoria di Max Muller non possiede alcuna concretezza scientifica, nei Veda stessi esiste qualcosa che ne dimostra l’infondatezza, attribuendo tutte le ragioni agli studiosi indiani (e ad altri occidentali).
Si tratta di un eclissi di sole che si è verificato una sola volta in tutta la storia conosciuta, datato dagli astronomi moderni il 26 luglio 3928 a. C., e descritto nei minimi dettagli nei Veda. Ora, risulta evidente che – per descrivere un fenomeno astronomico – gli antichi indiani dovevano averlo osservato. Quindi essi possedevano già, 3.900 anni prima di Cristo, conoscenze considerevoli (e non ereditate in seguito dalle popolazioni che hanno invaso l’India).
Attualmente, esistono anche più di 1000 siti archeologici che dimostrano oltre ogni dubbio la presenza di una civiltà indiana che raggiunse probabilmente il suo massimo splendore nel 3000 a.C. I reperti portati alla luce evidenziano pianificazioni urbane con vie orientate secondo i punti cardinali, con negozi, templi, case, magazzini, e perfino bagni privati e pubblici. Numerosissimi i reperti in ceramica e maiolica, come anche i gioielli in metalli e pietre preziose. In quella che i Veda indicano come l’antica capitale di Harappa (situata nel Punjab), sono stati rinvenuti scritti datati 4.500 anni a.C., in una lingua che potrebbe essere la capostipite dal sanscrito conosciuto.
Ancora più straordinari sono quelli identificati come i resti di due grandi città, che al momento sembrano risalire a ben 9.500 anni fa, inizialmente individuate tramite rilevamenti sonar e che si trovano sul fondo del golfo di Cambay (India). Il N.I.O.T., l’istituto scientifico indiano che ha rilevato le anomalie sottomarine, mantiene al momento il più completo riserbo, in seguito alle accese polemiche che sono esplose in tutto il mondo dopo la divulgazione della notizia. Se fosse confermata, infatti, rivoluzionerebbe totalmente ogni attuale convinzione sullo sviluppo della civiltà umana.
A prescindere dalle dispute accademiche sulla loro effettiva antichità, la complessità dei contenuti presenti nei Veda è solo il primo atto (il più antico conosciuto), di una serie di sviluppi successivi, che hanno donato al mondo testi di enorme valore filosofico, metafisico, medico e astronomico. L’intera cultura indiana, sino alla nascita del Buddhismo, che a sua volta ha cambiato il volto al Tibet ed ha influenzato profondamente la Cina e tutto il continente asiatico, è stata un susseguirsi di approfondimenti e rinnovati studi – pratici e teorici – sulle Scienze Introspettive in tutte le loro forme.
Sebbene i greci siano stati eminenti ricercatori nei campi astratti della matematica e della filosofia, l’insistenza con la quale si tende a dimostrare che la Grecia abbia rappresentato la culla di una civiltà del “libero pensare” non è condivisibile, perché la storia dimostra che le scienze astratte e le filosofie più antiche, provengono dall’Oriente e dal Medio Oriente.
La propensione a voler presentare una specifica cultura come la più rappresentativa e importante per lo sviluppo della civiltà, è tipica dei conflitti presenti nella natura umana e descrive la tendenza a voler tracciare confini da difendere, siano questi geografici o psicologici.
Sarebbe molto più equilibrato osservare la storia dell’umanità come l’incedere di una sola e grande Famiglia, nella quale ognuno ha lasciato doni preziosi per i posteri, sperando di giungere – prima o poi – ad una concreta unificazione degli uomini sul pianeta, nel rispetto delle differenze etniche e culturali, e imparando a prendere il meglio gli uni dagli altri.
Per quanto concerne le Scienze Introspettive provenienti dall’Oriente, oggi l’Occidente potrebbe rappresentare la più grande opportunità per evitare che un tale patrimonio (appartenente all’intera famiglia umana), vada perduto. Può sembrare contraddittorio, ma la realtà è che i cicli e i ricicli storici, comportano da sempre l’ascesa e la discesa di ciò a cui le varie culture sono giunte, dopo un lungo percorso di progresso.
Oggi l’intero mondo asiatico tende a muoversi sulle linee tracciate da quello occidentale, allontanandosi sempre più dalla sua cultura originaria. È proprio in America e in Europa che si assiste, paradossalmente, alla rinascita dell’interesse per le antiche discipline orientali; ma si tratta di un fenomeno che rischia di perdersi nella velocità e nella tendenza alla superficialità, propria all’epoca moderna.
Se le Scienze antiche fossero invece accostate con la serietà e il rispetto dovuti, sarebbe certamente possibile trarne un grande vantaggio, dato che esse contengono tutto ciò che manca all’uomo d’oggi e gli consentirebbero di ottenere un perfetto equilibrio fra la tecnologia materiale e quella spirituale.

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